«Rivoluzione. È una parola che ha un suo peso, e che ho deciso di declinare in un racconto sincero che si intreccia alla mia storia. Mi piace intitolarla, Dalle Ande agli Appennini, perché questo è nient’altro che il mio viaggio da Bogotà alla Toscana». Introduce così la sua lezione Juan Camilo Quintero, del Poggio Rosso al Borgo San Felice, quel luogo in cui crea e pensa rimanendo fedele alle sue origini, ma sempre valorizzando la terra da cui è stato adottato, l’Italia, lì dove scopre, di volta in volta, un aspetto straordinario: tra i tanti ingredienti generalmente ritenuti nostrani, c’è sempre qualcosa che, invece, arriva da molto lontano: il caffè che beviamo al mattino; il pomodoro sulla pasta; il pepe macinato fresco sulla Carbonara. Poi c’è il mais, che agli occhi di un italiano è nella maggioranza dei casi, una buona calda polenta; nel vocabolario-Quintero, invece, mais vuol dire arepas, chicha (una bevanda a base di mais fermentato), tortillas. Uniformità da un lato; molteplici possibilità dall’altro.