Camanini è Camanini. E non ce n’è un altro. Il meno che possa capitare quando il ragazzo di Gardone Riviera prende la parola, è di farsi una ripassata d’Aristotele e un tocco di Costituzione italiana, di prendersi una boccata di frame da Ecce bombo figurandosi l’aria strampalata di Nanni Moretti per poi affondare nelle atmosfere di un immaginifico Macondo. Il tutto senza che, curiosamente, il petto di Riccardo Camanini si gonfi come quello del suonatore di trombone – se così fosse il suonatore, per metonimia, prenderebbe il nome del trombone medesimo. Perché virtute e conoscenza per il cuoco gentile di Lido 84 sono strumenti di attraversamento, viatico indispensabile per arrivare all’obiettivo di una cucina saporita ma anche sensata. Che scavalli la necessità del volere bene a se stessi, così intimamente connessa alla felicità, facendo bene il proprio lavoro, con quella di assolvere al dovere che ogni cittadino ha di “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Articolo quattro della magna carta a fondamento del diritto italiano, alle pendici della sedicesima edizione di Identità Milano. Dove lo chef ha raccontato il proprio “cortoviaggio”…